La
notte del 24 Giugno di ogni anno è il grande giorno del solstizio d’estate.
Le
paure scappano, il sole si apre sulle nostre teste e i pensieri corrono via
lentamente facendo posto alla felicità, alle giornate che si allungano e alla
rassegnazione che ‘così vanno le cose e così devono andare’, come se non ci
fosse alcuna soluzione al destino, al movimento del sole, della terra e della
luna.
La
notte del 24 Giugno è la notte di San Giovanni, giorno della nascita di San
Giovanni Battista, unico Santo per la religione cattolica-cristiana che
rappresenta la vita e non la morte. Questo momento ha un grande significato
simbolico per tutti i cristiani equiparato alla notte di Natale, nascita di
Gesù Cristo.
La
tradizione popolare ha così elaborato diversi piccoli rituali per propiziare le
forze positive al culmine del loro potere ed esorcizzare quelle negative legate
alla diminuzione delle ore di luce.
Nel
Nord Italia, in particolare modo in Veneto ed in Lombardia, la festa di San
Giovanni si esprime tramite delle vere e proprie danze intorno a dei falò
accesi per dare fine al passato. Si bruciano cose vecchie, si ardono oggetti e
vestiti che non servono più per propiziare novità, speranze e una vita nuova.
Famoso
un proverbio popolare che la dice lunga sull’importanza di questa tradizione:
‘La
notte di San Giovanni destina il mosto, i matrimoni, il grano e il gran turco’
Purtroppo,
come altre consuetudini popolari, anche questa festa sta perdendo la sua
importanza, dimenticata da eventi molto più importanti; politici, sportivi o
tecnologici.
Soltanto
nel oramai lontano 1993 un gruppo Italiano dei più influenti ed importanti
della musica contemporanea ha lasciato un ricordo in merito a questa
tradizione.
Erano
gli anni che succedevano allo scandalo di Tangentopoli, gli anni definiti della
‘Seconda Repubblica’. Gli anni della sconfitta dell’ Unione Sovietica, divisa
in tanti piccoli stati chiamati semplicemente ‘Confederazione degli Stati
Indipendenti’ (C. S. I.).
Un
gruppo chiamato C. C. C. P. si era da poco trasformato da un complesso di
musica ‘punk-rock’ ad una formazione molto più complessa, costruendo un genere
unico e particolare. Scelsero il nome di C. S. I. , giocando ironicamente con
la sigla della Confederazione degli Stati Indipendenti di cui sopra ma
definendosi in realtà ‘Consorzio Suonatori Indipendenti’. I componenti sono
musicisti già famosi soprattutto in Emilia-Romagna e ruotano tutti intorno alla
voce del cantante Giovanni Lindo Ferretti e le chitarre di Massimo Zamboni e
Giorgio Canali, il basso di Gianni Maroccolo, la batteria di Roberto Zamagni, i
cori di Ginevra Di Marco e le tastiere di Francesco Magnelli.
Il
loro album del 1993 ‘Kò de Mondo’ è un fantastico mix di musica suonata
divinamente associata a testi molto complicati e sofisticati che creano all'ascoltatore molte immagini, frasi ad effetto che portano a ragionare su
molti rapporti sia con gli altri e sia con se stessi.
All’interno di questo album c’è un brano dal titolo
‘Fuochi nella notte di San Giovanni’ che rende giustizia e merito alla
tradizione di cui abbiamo parlato, una stupenda poesia che si articola sulla
frase che compone il ritornello:
‘Così vanno le
cose, così devono andare
chi c’è c’è e chi
non c’è non c’è
chi è stato è stato
e chi è stato non è
e non tacciano i
canti e si muove la danza
e non tacciano i
canti e si muove la danza
danza, danza, danza,
danza, danza’
L’estate è appena iniziata, i brutti ricordi sono stati
bruciati, i falò accesi.
Le speranze ci avvolgono nonostante le brutte notizie.
In questa notte di San Giovanni anche io ho acceso i miei
fuochi, la mia nuova vita.
Non ho molto, forse non ho nulla.
Ho l’amore, questo sono sicuro che mi basterà per
accendere ancora mille fuochi.
E voi?
Alla prossima darklings e anche questa volta il tempo
distruggerà ogni cosa.
Buon ascolto.