giovedì 4 aprile 2013

Federico, Stefano, i Massive Attack. Gli innocenti non hanno nulla da temere.


25 Settembre 2005. L’autunno comincia a sentirsi nell’aria emiliana. Ferrara ancora non si è coperta, le ragazze hanno ancora le maniche corte e solo qualche felpa per la sera, dopo la discoteca. 
Come può essere la vita a diciotto anni. 
Cosa si può pensare a diciotto anni, in un locale pieno di coetanei. Qualche drink, magari una ‘canna’. Tanto per divertirsi un po’, mettere da parte la scuola, qualche diverbio in famiglia ed essere più disinibiti con la ragazza che ti piace così tanto. Chissà cosa pensava, Federico, la notte di quel 25 settembre in Via Ippodromo, a Ferrara. Magari ad una domenica mattina di sonno, magari a quanto avrebbe fatto il Bologna, impegnato a Bari per la quinta giornata di Serie B.

Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani, Monica Segatto. Questi sono i nomi e ci cognomi da non dimenticare. Quel 25 settembre dell’anno 2005 sono queste le persone che hanno sfasciato sul corpo di Federico due manganelli.
Traumi al cranio, al volto e alle costole. Arresto cardiaco per lo schiacciamento del torace sull’asfalto, calci e pugni sferrati da agenti della Polizia di Stato.
Chiameranno un’ambulanza alle ore 06:10 di quella mattina. 
Dichiareranno nel referto che Federico era considerato 'invasato violento in evidente stato di agitazione'; sosterranno di 'essere stati aggrediti dallo stesso a colpi di karate e senza un motivo apparente'.

Federico Aldovrandi è deceduto durante quell’aggressione, la mattina del 25 settembre 2005 alle ore 06:18. La famiglia venne avvertita soltanto alle ore 11:00.
A distanza di otto anni l’Italia ha già dimenticato. I poliziotti chiedono il reintegro per gli autori di questa tragedia immane, condannati a tre anni e sei mesi di reclusione per omicidio colposo. Il 29 gennaio 2013 le condanne vengono sostanzialmente svuotate decretando sei mesi di reclusione per i condannati, evitando i tre anni della pena stabilita grazie all’indulto. L’agente Monica Segatto favorisce, inoltre, del decreto del Ministro Severino (governo Monti) e sconta la pena agli arresti domiciliari.

Chissà Federico come l’avrà presa. Diciotto anni, una ragazza nella testa. La scuola da finire. Una famiglia che lo aspettava. E lo aspetta ancora. Con un cartello che mostra la sua testa squartata e sanguinante da quei manganelli. Aspetta giustizia.
Il 25 settembre 2005 il Bologna vincerà a Bari 1-0 grazie ad un goal di Bellucci al dodicesimo minuto di gioco. Federico non lo saprà mai.


Roma 15 ottobre 2009. Stefano lo sapeva che non era nel giusto. Ma non ci pensava. Aveva qualche grammo di hashish nella tasca. Aveva già deluso sua sorella, la sua famiglia. Era un ex tossicodipendente e più di una volta era stato affidato a comunità di recupero. Passeggiando pensava alla sua Lazio. Pensava che tre giorni dopo avrebbe giocato contro la Sampdoria e sarebbe andato allo stadio Olimpico di Roma ad assistere al match.

Di certo non si sarebbe aspettato un arresto in fragranza di reato. E nemmeno un processo per direttissima a Regina Coeli il giorno successivo.

Stefano Cucchi è deceduto, il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini di Roma dopo una settimana di agonia. La sua vescica conteneva 1,4 litri di urina. Il suo corpo non conteneva più zuccheri era da una settimana in ipoglicemia.

Sarebbe bastato un cucchiaino di zucchero. I suoi occhi erano tumefatti, completamente viola e anche il suo torace. Stefano pesava una settimana prima 58 kg. E’ morto che ne pesava 37, completamente denutrito. Stefano è stato pestato e ammazzato di botte dagli agenti penitenziari del carcere Regina Coeli.
Ad oggi nessun agente di polizia è indagato.

Il 18 ottobre 2009 mentre Stefano veniva ricoperto di calci e pugni la sua Lazio pareggiava con la Sampdoria per 1 a 1. Fu il brasiliano Francolino Matuzalem a pareggiare il vantaggio di Pazzinii.

Stefano non lo saprà mai.


Il 07 novembre 2009 i Massive Attack suonarono a Milano. Il gruppo trip-hop di Bristol non veniva in Italia da molto tempo. Fuori una pioggia battente, il Palasharp di Assago ricolmo.
A metà dello splendido ed indimenticabile spettacolo partirono le note di uno dei loro pezzi migliori ‘Inertia Creeps’. Sullo schermo alle spalle del gruppo comparirono delle frasi di quel periodo relative a blande notizie ed al gossip. Tutte le notizie erano in lingua Italiana.
Durante il crescendo del pezzo ad un tratto una grossa scritta: 

STEFANO CUCCHI: VERITA’ E GIUSTIZIA 
e poi ancora 
GLI INNOCENTI NON HANNO NULLA DA TEMERE

Un gruppo arrivato dal cuore della Gran Bretagna a chiedere giustizia per gli innocenti.

Questo vuole essere il mio ricordo. Non si può morire a diciotto anni, a trentuno anni. Non si può morire a qualunque età se ad ucciderti è lo stato. Lo stato di polizia.
Le stesse forze dell’ordine che dovrebbero difendere i cittadini onesti, che dovrebbero educare i ragazzi come Federico e Stefano. Gli agenti di polizia che dovrebbero prendere per mano le ingiustizie ed aiutare i genitori di tutta Italia.

Il terzo mondo, uno stato di polizia e dittatura.

Io non dimentico.
I Massive Attack non dimenticano.

E questa volta il tempo distruggerà ogni cosa sì ma non il ricordo di questi ragazzi e il tempo stesso non dovrà fermare la battaglia quotidiana per fare sì che queste cose mai più accadano. Nonostante tutto.

Cominciamo a cambiare queste, di cose.

Ecco il video di quel concerto ripreso da un semplice telefono cellulare, il sound non è dei migliori ma si vedono chiaramente le frasi sullo schermo.


Ed ecco il video ufficiale del brano se volete godere appieno dello splendido sound del gruppo di Bristol.



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