martedì 29 ottobre 2013

'Blue In The Face' - Lou Reed è Morto, Io Non Sto Tanto Bene.



Domenica scorsa mi sono sentito come quel 06 Aprile del 1994. Avevo appena quattordici anni e soltanto la sera prima Kurt Cobain se n’era andato, con un colpo di fucile sparato in gola. Tradito. Questa era la sensazione in quella giornata di tristezza assoluta. 

Ricordo l’emittente di Vittorio Cecchi Gori, VideoMusic, che trasmetteva i video dei Nirvana uno dopo l’altro. Da ‘Smells Like Teen Spirit’ a ‘Heart-Shaped Box’. Un commiato perfetto, uno dei primi tributi in diretta di un personaggio che ci aveva lasciato. O meglio, per quanto mi riguarda, tradito. 
Da quei video cominciavo ad osservare in maniera diversa quello che ascoltavo dal mio vecchio walk-man. I suoi occhi, azzurri come il cielo ma così pieni di tristezza e rabbia. 
E io, adolescente che si apprestava ad andare a studiare a Bergamo Città, che lo credevo un mio amico, un bravo ragazzo con l’aspetto di un angelo, pronto a sparare merda sul classico pop inglese che girava ininterrottamente nelle radio in quel periodo.
Era semplicemente un alternativo, era grunge, punto.
Così non ero né arrabbiato, né triste ma semplicemente ferito. Come se avessi perso un amico, nonostante lo potessi riascoltare in ogni momento e fino alla fine dei miei giorni.



Domenica sera, 27 Ottobre 2013 se ne è andato Lewis Allan Reed o, più semplicemente, Lou Reed. Ci ha lasciati in circostante diverse, nessuno sparo e nessun suicidio, nonostante tutto.
Un trapianto di fegato riuscito non troppo bene, le svariate medicine assunte e gli elevati rischi di un rigetto. 
Così Lou ha resistito un anno e mezzo prima di spegnersi silenziosamente, come il suo esordio con i freddi ma spettacolari Velvet Underground.
Anche questa volta mi sento ferito, come se un altro mio amico se ne fosse andato per sempre. Mi ha accompagnato in momenti di disperazione e nei miei viaggi, sussurrandomi nelle orecchie ‘Perfect Day’ oppure ‘Vicious’ oppure ‘Satellite Of Love’.
Ricordo un pomeriggio a Manhattan Beach, Los Angeles mentre camminavo nel sole californiano e fischiettavo con il mio mp3 nelle orecchie ‘Walk on the Walkside’.



Non vi annoierò con tutta la sua discografia e tutti i problemi passati da piccolo. Nemmeno della sua influenza in generi musicali completamente diversi tra loro come il classic rock, il glam, il punk e la new wave. Sicuramente senza di lui gente come David Bowie oppure gruppi come Joy Division o più tardi ancora i R. E. M. non sarebbero mai esistiti.

Volevo solo dirvi, miei affezionati darklings, che la musica ha uno di quei ‘mostri sacri’ in meno, che le mie orecchie e il mio cuore non avranno più un cantore come Lou a tenermi compagnia la domenica mattina e non solo.
Lo voglio ricordare nello splendido film di Wayne Wang ‘Blue In The Face’ del 1996, tratto da un racconto dello scrittore Paul Auster, interpretare ‘L’uomo con gli strani occhiali’.

E volevo salutarvi con uno dei pezzi più incredibili del suo repertorio. Era il 1967, e negli Stati Uniti d’America costernati dalle contraddizioni, Lou rivendicava la sua bisessualità dichiarando al momento di ‘aspettare il suo uomo’ che ‘arriva sempre in ritardo e non è mai in anticipo’…ladies and gentleman 'I'm Waiting For The Man'.


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