lunedì 9 dicembre 2013

Eroe Senza Mai Vincere: La Storia di David Purley


Un grandissimo appassionato della Formula 1 e della sua storia come me non poteva non dedicare un articolo del mio blog a questo sport e, soprattutto, ai protagonisti che hanno fatto di questo incredibile spettacolo poesia, arte, vita e morte.

Oltre alle doti immense di ingegneri e progettisti che hanno dedicato la propria vita a costruire monoposto sfidando aerodinamica, legge della gravità e della fisica il vero cuore pulsante di questo sport sono i piloti. Eroi senza tempo che dai primi anni cinquanta si sfidano su circuiti storici, volando a più di 320 km/h con bolidi incollati all’asfalto.
Con il passare degli anni la sicurezza sia nei circuiti e sia sulle monoposto è diventata fondamentale, mettendo giustamente in primo piano la vita del pilota.
Per troppi anni ragazzi di tutte le nazioni hanno perso la vita sull’asfalto per mancanza di sicurezza, per vie di fuga su circuiti completamente assenti e per auto costruite solo ed esclusivamente come tentativi di andare più forte della concorrenza, utilizzando materiali di fortuna e, troppo spesso, fatali in casi di incidenti.

Ciò che non è mai cambiato è la forza, la passione con le quali i piloti ogni Gran Premio si accomodano sulla loro vettura, domandandosi se arriveranno mai sani e salvi al traguardo.
Ma cosa è esattamente che appassiona così tante persone sparse nell’universo a questo sport? Non è solo l’aspetto tecnico delle auto ma l’umanità, il coraggio del pilota.
Così superuomo e così fragile allo stesso tempo quando sale sulla propria auto, così emozionante quando sfreccia giro dopo giro sotto i nostri occhi.

Per questo voglio raccontare, brevemente, la storia di uno di questi eroi, un pilota che verrà ricordato per un unico gesto, per la sua disperazione più che per le imprese a bordo di una monoposto.
Un pilota che non ha mai raccolto un solo punto nella sua carriera, che vanta come miglior piazzamento un misero nono posto ottenuto nello storico circuito di Monza, in Italia nel 1973.

Si chiama David Purley, nato a Bognor Regis in Inghilterra il 26.01.1945 e deceduto nella stessa città, a bordo di un aereo acrobatico, durante un’esibizione, il 02.07.1985 dopo che si era ritirato come pilota di Formula 1 già da qualche anno.
Nel 1973 viene ingaggiato dalla Scuderia Britannica March Engineering che gli offre il posto di seconda guida sulla monoposto 731, da affiancare all’altro pilota rampante Inglese Roger Williamson.
La March non è sicuramente una delle scuderie che può vantare grande impatto economico e la vettura si dimostra molto scarsa.
Purley riesce a qualificarsi per il Gran Premio di Polonia e per il Gran Premio casalingo, a Silverstone dove però non riesce a giungere al traguardo.


Il suo terzo Gran Premio diventerà, suo malgrado, la corsa più famosa alla quale abbia partecipato.
Si corre a Zandvoort, lo storico circuito olandese, il 29.07.1973. Jackie Stewart e Francois Cevert sono i favoriti, la Tyrrel Ford che guidano hanno un passo in più delle avversarie più temibili, le Lotus Ford di Ronnie Peterson e del campione del mondo uscente Emerson Fittipaldi. Il grande caldo di quell’estate cuoce i motori Ford delle due Lotus e le Tyrrel volano verso una splendida doppietta mentre il rampante James Hunt a bordo di una sorprendente Hesketh combatte per il terzo posto con la McLaren del ‘Golden Boy’ Americano Peter Revson.
All’ottavo giro, nelle retrovie, la March 731 del promettente Roger Williamson perde il controllo della vettura. L’auto si ribalta e scivola a 250 km/h contro il guard-rail prendendo fuoco. Williamson si trova intrappolato nella monoposto capovolta, in fiamme.
C’è molto fumo in pista e le auto sfrecciano velocemente, senza fermarsi e senza capire cosa stia succedendo.
Pochi metri dopo l’impatto, giunge il compagno di squadra di Williamson, David Purley a bordo della seconda March.
David vede le fiamme, il fumo e parcheggia la sua auto.
Esce velocemente dalla sua monoposto, attraversa pericolosamente il circuito e corre freneticamente per una ventina di metri verso la macchina in fiamme di Williamson.

Ciò che accadrà nei minuti successivi è qualcosa che non si dimenticherà mai in questo sport. In presa diretta tutto il mondo si accorge della mancata presenza dei mezzi di soccorso sul circuito ed assistono ad un uomo, spogliato della sua figura di professionista che, da solo, con un estintore di fortuna prova a salvare la vita del suo compagno, collega, amico, pilota. Chiede alle persone che giungono sul posto di fermarsi, di aiutarlo a capovolgere l’auto per estrarre Williamson.
Nessuno si ferma, né altri piloti, né altre persone presenti sul circuito.
L’incidente di Williamson si rileverà fatale, morto carbonizzato all’interno di quel che rimarrà della sua March 731.
David Purley si contorce dal dolore, ha un mancamento e se ne va distrutto, disperato dal non avere potuto fare niente senza aiuto.

Fu la prima volta nella storia della Formua 1 che un pilota si ritirò di spontanea volontà per soccorrere un collega. Il gesto è entrato nella storia e David Purley rimane, anche oggi, un dei veri eroi di questo sport.


 La sua carriera non prese mai il volo. Nel 1974 passò alla piccola Scuderia indipendente della Token non riuscendo mai a qualificarsi per un Gran Premio. Nel 1975 acquistò una monoposto privata a la chiamò LEC, nome dell’azienda famigliare che produce frigoriferi.
Il miglior piazzamento fu un tredicesimo posto al Gran Premio del Belgio di Spa-Francochamps. 
Quello stesso anno, a Silverstone, Purley fu protagonista della più incredibile decelerazione mai vista. Per la rottura di un’ala Purley si schiantò contro il muro della curva due del circuito inglese passando da 163 km/h a 0 km/h in appena 63 centimetri. Purley miracolosamente uscì dal terribile incidente vivo ma  con varie fratture in tutto il corpo che lo portarono al ritiro dalla Formula 1.
I rottami della LEC 1 sono attualmente esposti al museo della storia della Formula 1 a Donnington, Inghilterra.


Vi lascio accompagnati dal tragico video di quel giorno, il 29 luglio del 1973 a Zandvoort.
Le immagini sono molto forti e violente ma vale la pena assistere al coraggio, l’umanità e la tristezza di un uomo, con un casco nero in testa, solo contro tutti che prova a salvare una vita umana.
La corsa quel giorno non si interruppe. Le Tyrrel vinsero con facilità, il campione Jackie Stewart si impegnò, da quel giorno, in una lunga battaglia per la sicurezza dei piloti in tutti i circuiti del mondiale.

David Purley, eroe.
Come non ce ne sono più oggi, in questo mondo in cui vincere rimane la cosa più importante senza remore e senza umanità.

Buona visione e ricordate che il tempo distruggerà ogni cosa.
Tranne i veri eroi, i coraggiosi e chi pensa che la solidarietà umana sia sempre la cosa più importante, oltre l’indifferenza.


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