A volte non servono molte parole per esprimere quello che si ha dentro.
A volte ci si ricorda esattamente ciò che si stava facendo in quel momento, in quell'attimo nel quale in diretta, alla televisione, tutto si era fermato.
Avevo soltanto quattordici anni, il ritorno da scuola il sabato e un piatto di pasta riscaldata mentre i pollini già mi provocavano dei gran stranuti.
Rai2 a tutto volume per le prove ufficiali del Gran Premio di Formula1 di San Marino, nel circuito Enzo e Dino Ferrari di Imola.
Un appassionato come me non poteva che essere collegato, con il pensiero fisso di vedere la Williams FW16 Renault di Ayrton Senna davanti a tutti per cercare di vincere il Gran Premio la domenica ed accorciare i punti di distacco da quel giovane tedesco, che già mi stava sulle scaltole, che portava il nome di Michael Schumacher.
Ma tutto questo non avrebbe avuto più senso da lì a poco dopo.
Un pezzo di metallo blu scuro, una bandiera rossa. Questi sono gli unici frammenti che ricordo, prima di vedere un casco biancorosso completamente piegato all'interno di una monoposto distrutta. Faticai a riconoscerla anche perchè mi pareva una di quelle F1 che, ad ogni GP, provavano invano a qualificarsi soltanto per disputare la gara la domenica.
Le immagini erano impietose. I soccorittori arrivarono immediatamente ma il sangue mi si era già gelato. Il replay fu ancora peggio.
Alla curva Villeneuve la Simtek S941 Ford pilotata dall'austriaco Roland Ratzenberger prese letteralmente il volo ad una folle velocità di 314,9 km/h.
Il muretto ad attenderla prima di scivolare inerme sul rettilineo della Tosa.
Capii subito la tragedia. Per la prima volta nella mia vita stavo assistendo ad una morte in diretta, un ragazzo ucciso mentre stava facendo la cosa più bella della sua vita. Correre in Formula1.
E, appunto, non servono altre parole.
Oggi voglio solo ricordarlo, a vent'anni di distanza.
Un ragazzo sconosciuto ai più che era riuscito ad arrivare in Formula1 dopo molta gavetta a bordo di una monoposto paragonabile ad un bidone motorizzato FORD, lenta ed assolutamente insicura.
Ma piuttosto di continuare nelle serie minori, Roland decise di tentare l'avventura con la Simtek che, fino all'anno precedente, costruiva macchine da cucire.
Ayrton lo voleva ricordare il giorno dopo portando una bandiera austriaca all'interno della sua Williams, da sventolare a fine gara.
I soccorritori troveranno la bandiera in ospedale e Ayrton non finirà mai quella gara, in quel fine settimana stregato.
Ecco Roland a bordo della sua Simtek il giorno precedente all'incidente mortale.
Il giorno precedente Rubens Barrichello, a bordo della sua Jordan 01 Hart, si schiantò contro le protezioni delle Acque Minerali salvandosi per miracolo.
Se la caverà con la frattura del setto nasale e di una costola.
Da quel giorno la sicurezza in F1 divenne un problema da affrontare immediatamante.
Da quel giorno Roland Ratzenberger riposa in Austria, dimenticato da tutti e da un mondo che sempre va più veloce.
Il suo sogno si interruppe bruscamente quel 30.04.1994.
Il giorno toccò al più grande di sempre.
Il primo e il sogno dell'ultimo, uguali nella fine.
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