Per
tutti gli appassionati di calcio nel mondo questi sono giorni di attesa per
l’inizio del più grande evento internazionale dell’universo, la
FIFA WORLD CUP che, quest’anno si svolgerà
in Brasile.
Il
Mondiale di calcio ha rappresentato per moltissime persone momenti
indimenticabili: quanti di noi ricordano esattamente dove si trovavano e cosa
stavano facendo nel momento in cui la propria nazionale si stava giocando la
finale? Penso che ognuno di noi abbia un ricordo della propria vita, almeno
uno, legato ad una partita di calcio.
Ci
sono stati molti episodi nella storia dei mondiali di calcio decisivi, storici,
epici ed entrati nella leggenda.
Inutile
ora descriverli tutti ma spesso ci siamo emozionati nel sentire dai nostri
padri i racconti di Messico 1970 durante quell’Italia-Germania 4-3. Oppure del
Mundialito in Spagna nel 1982 del quale ancora si racconta della festa più
grande del nostro paese con le strade prese d’assalto da tifosi, cittadini e
persone di ogni classe sociale, tutti uniti in un’unica passione azzurra.
Oppure
i più giovani che ricordano il famoso ‘Il cielo è azzurro sopra Berlino’ in
quella notte tedesca del 2006.
Ma
non ci sono state soltanto gioie e, soprattutto, spesso il calcio è andato
oltre.
La
politica a farla da padrone in quel famoso Argentina-Inghilterra a Messico
1986, la partita della ‘mano de Dios’ di Diego Armando Maradona. Una partita
annunciata come una battaglia tra le due nazioni che si contendevano la
supremazia politica delle Isole Falklands o Malvine. Oppure la dittatura
Argentina del 1978, in
quel mondiale nel quale i calciatori del Perù furono costretti dall’esercito a
perdere 6-0 contro i padroni di casa argentini per permettere loro il passaggio
come primi classificati nel girone.
Ma
non voglio parlarvi di questo. I mondiali di calcio sono stati piene di storie
da raccontare, personali, avvicenti, epiche.
La
mia storia personale riguarda un momento che per me, ragazzino di dieci anni
ancora ingenuo, mi fece capire che le imprese sono sempre possibili.
Era
l’8 Giugno 1990 e da mesi non si parlava altro del Mondiale di calcio organizzato
dall’Italia. Non potevo sapere, chiaramente, di tutte le polemiche scaturite
dalla malavitosa organizzazione di quell’evento, a me interessavano soltanto le
nazionali partecipanti, i giocatori convocati e l’enorme speranza di vedere
l’Italia trionfare in casa propria, così come annunciato dalla stampa di tutto
il mondo.
Conoscevo
tutte le figurine a memoria, i campioni più accreditati.
Nel
cortile del mio piccolo paese, in quell’inizio estate, una torrida estate, non
si parlava d’altro. Tutti noi piccole pesti a tifare Italia, a sperare nelle
parate di Walter Zenga, nelle imprese di Giuseppe Bergomi e Franco Baresi in
difesa, nelle invenzioni a centrocampo dell’astro nascente Roberto Baggio e nei
goal di Gianluca Vialli e della novità assoluta Salvatore Schillaci.
Giorni
ad attendere l’inizio del Mundial, con la frenesia di vedere all’opera
l’avversario più accreditato con il personaggio forse più odiato.
I
campioni in carica dell’Argentina del giocatore più forte del mondo: Diego
Armando Maradona.
E
allora alle ore 18:00 di quell’8 Giugno 1990 i cortili si zittirono d’un tratto
e tutti i miei coetanei si sintonizzarono su Rai Uno per ascoltare dalla voce
di Bruno Pizzul l’inizio di quelle ‘notti magiche’. Nella partita inaugurale a
Milano, in un San Siro stracolmo e tirato a lucido, Dieguito e la sua Argentina
contro la vittima sacrificale Camerun, africani di buona volontà sconosciuti a
tutti e soltanto alla seconda partecipazione in un mondiale.
Mia
madre cominciò a preparare la cena mentre in pantaloncini e canottiera io e mio
padre cominciammo a seguire l’incontro. I minuti passavano e la partita fu
molto più ostile di quello che ci aspettammo. L’Argentina faceva fatica eccome,
il Camerun (ribattezzato al termine di quello spettacolare mondiale ‘I leoni d’
Africa’) era ben messo in campo e soprattutto presentavano un possesso palla e
dei fraseggi non da poco. Quasi brasiliani, questi africani. L’anziano portiere
N’Kono guidava la difesa impostata da Tataw, Makanaki e Kana Biyik giostrano il
centrocampo e le punte Roger Milla e Francois Oman-Biyik facevano da punto di riferimento per la
squadra.
Fine
primo tempo. 0-0. Risultato a sorpresa tra i commenti del mio esperto padre
‘Tanto prima o poi gli argentini un gol lo fanno’ e tra le proposte di mia
madre ‘Pasta al ragù o risotto giallo?’.
Tra
una forchettata e l’altra ecco il secondo tempo. I giornalisti in studio RAI,
nei loro commenti, pronti a scommettere su un 2-0 secco dell’Argentina, che era
solo questione di tempo insomma. L’allenatore Carlos Bilardo aggiunse alle
punte già in formazione (l’esperto Burruchaga e il rampante Balbo) anche
l’attaccante dell’Atalanta Claudio Paul Caniggia per dare maggiore spinta
all’attacco. Dietro di loro, le giocate magiche di Maradona, fino a quel punto
ingabbiato da Kundè e Makanaki. Singolare per un campione di quel rango avere
difficoltà a superare due sconosciuti del genere.
Ma
il tempo passava e la cena proseguiva. M’immaginavo i miei amici dietro lo
schermo cosa stessero pensando. In effetti il risultato che ne stava scaturendo
era davvero sorprendente. Uno zero a zero che sembrava reggere senza alcuna
emozione.
Mio
padre cominciò a sperare in un pareggio, comunque inaspettato.
Ero
arrivato alla frutta, una banana, quando al minuto 61 Maradona fu colpito alle
spalle da una brutta entrata di Kana Biyik, centrocampista di sostanza. Per
l’arbitro francese Vautrot nulla da eccepire, secondo giallo e quindi
cartellino rosso.
Le
speranze della nazionale Africana pronte a chiudersi, in dieci contro undici
sembrò davvero impossibile contenere gli argentini.
Sulla
punizione susseguente al fallo, Maradona puntò l’incrocio dei pali. Come una
gazzella N’Kono volò all’incrocio negando un gol spettacolare al campione del
Napoli.
Nulla
di fatto.
I
miei genitori prepararono, per loro, il caffè.
Un
contrasto sul lato sinistro della metà campo, il rude difensore argentino
Fabbri scalciò Makanaki lanciato sulla fascia. Punizione per il Camerun.
Minuto
65. Dalla punizione lo stesso Makanaki mise un pallone altissimo ed innocuo in
mezzo all’area argentina.
Nulla
di pericoloso insomma.
Di
colpo mio padre smise di sorseggiare il caffè.
Un
uomo molto alto con la maglia numero 7 stampata sulla schiena stacco in un modo
incredibile, quasi disumano e colpì la palla violentemente di testa sovrastando
Ruggeri e Sensini. La sfera arrivò bassa, quasi rasoterra e molto veloce e
passò sotto le braccia del portiere argentino Pumpido.
Argentina
Zero Camerun Uno.
Francois
Oman-Biyik, fu lui ad insaccare con un salto pazzesco quel cross innocuo di
Makanaki. I camerunensi festeggiarono sotto la curva sud, quella solitamente
occupata dal Milan e i tifosi italiani esplosero in un boato. Davide che batte
Golia, una favola che prese realtà.
Fu
naturale in casa nostra urlare nel momento in cui la palla varcò la riga di
porta del Meazza. Mio padre subito considerò che l’Argentina avrebbe rimontato
facile, ora la partita si era finalmente aperta. Venticinque minuti più
recupero per Diego e compagni per mettere a posto un mondiale partito male.
Nei
restanti minuti N’Kono parò di tutto, fino ad un minuto dal termine,
l’ottantanovesimo.
Maradona
inventò un pallone pazzesco per il velocissimo Caniggia, lanciato a rete solo
davanti a N’Kono.
Il
centrocampista Massing non ci pensò due volte, al limite dell’area di rigore
raggiunse il biondo attaccante e lo falciò senza alcuna remora. Cartellino
rosso diretto, nove contro undici.
Ma
un gol evitato.
Sulla
punizione Maradona calciò fuori e San Siro esplose in un boato.
Pochi
istanti dopo Vautrot fischiò la fine dell’incontro.
Il
Camerun fece un’impresa, una delle più importanti rimaste nella storia del
Mondiale.
Undici
sconosciuti africani regalarono un sogno ad un’intera nazione e al mondo intera.
Maradona,
in ginocchio, non rideva più.
Francois
Oman-Biyik fu portato in trionfo. 184 centimetri per 80 kg, una potenza fisica
straordinaria e due piedi decisamente non raffinati.
Dalla
serie B Francese con il suo Lavallois al mondiale italiano.
Fu
il momento migliore della sua vita, fu dichiarato eroe nazionale camerunense.
La
sua carriera proseguì in sordina e fece addirittura apparizione nel campionato
italiano, nel 1997 alla corte della Sampdoria.
Un
triste epilogo con soltanto 6 presenze e nessun gol.
La
sera di quell’8 giugno nel cortile del mio piccolo paese i palloni non
battevano contro i garage.
Eravamo tutti seduti, fianco alle nostre biciclette,
a parlare di ciò che avevamo assistito. Nessuno lo poteva prevedere, le notti
magiche erano appena iniziate.
Tutte
le sere, per un mese intero, giocammo con il tabellone del mondiale aperto,
facendo un nostro torneo. Vinse, ovviamente l’Italia, in finale contro il
Brasile.
Soffrimmo
tutti quando lo stesso Maradona eliminò con la sua Argentina l’Italia in
semifinale, Caniggia non perdonò la coppia Zenga-Ferri.
Furono
poi i tedeschi, in finale, a vendicarci.
Quel
giorno è ancora ricordato negli almanacchi di calcio come una delle imprese più
incredibili della storia dei mondiali, quel giorno lo ricordiamo perché
semplicemente eravamo felici.
Ingenui
e contenti di ritrovarci ogni pomeriggio, ogni sera con poche cose e tanti
sogni.
La
felicità la si può apprezzare soltanto a distanza di molti anni.
(Lo spettacolare gol di Oman-Biyik al 65esimo minuto di Argentina-Camerun 0-1)
(L'intera partita di Milano dell' 08.06.1990 - Argentina-Camerun 0-1)
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