martedì 3 giugno 2014

Italia '90 - Argentina-Camerun 0-1, il Capolavoro dello sconosciuto Oman-Biyik




Per tutti gli appassionati di calcio nel mondo questi sono giorni di attesa per l’inizio del più grande evento internazionale dell’universo, la FIFA WORLD CUP che, quest’anno si svolgerà in Brasile.
Il Mondiale di calcio ha rappresentato per moltissime persone momenti indimenticabili: quanti di noi ricordano esattamente dove si trovavano e cosa stavano facendo nel momento in cui la propria nazionale si stava giocando la finale? Penso che ognuno di noi abbia un ricordo della propria vita, almeno uno, legato ad una partita di calcio.
Ci sono stati molti episodi nella storia dei mondiali di calcio decisivi, storici, epici ed entrati nella leggenda.
Inutile ora descriverli tutti ma spesso ci siamo emozionati nel sentire dai nostri padri i racconti di Messico 1970 durante quell’Italia-Germania 4-3. Oppure del Mundialito in Spagna nel 1982 del quale ancora si racconta della festa più grande del nostro paese con le strade prese d’assalto da tifosi, cittadini e persone di ogni classe sociale, tutti uniti in un’unica passione azzurra.
Oppure i più giovani che ricordano il famoso ‘Il cielo è azzurro sopra Berlino’ in quella notte tedesca del 2006.
Ma non ci sono state soltanto gioie e, soprattutto, spesso il calcio è andato oltre.
La politica a farla da padrone in quel famoso Argentina-Inghilterra a Messico 1986, la partita della ‘mano de Dios’ di Diego Armando Maradona. Una partita annunciata come una battaglia tra le due nazioni che si contendevano la supremazia politica delle Isole Falklands o Malvine. Oppure la dittatura Argentina del 1978, in quel mondiale nel quale i calciatori del Perù furono costretti dall’esercito a perdere 6-0 contro i padroni di casa argentini per permettere loro il passaggio come primi classificati nel girone.
Ma non voglio parlarvi di questo. I mondiali di calcio sono stati piene di storie da raccontare, personali, avvicenti, epiche.

La mia storia personale riguarda un momento che per me, ragazzino di dieci anni ancora ingenuo, mi fece capire che le imprese sono sempre possibili.
Era l’8 Giugno 1990 e da mesi non si parlava altro del Mondiale di calcio organizzato dall’Italia. Non potevo sapere, chiaramente, di tutte le polemiche scaturite dalla malavitosa organizzazione di quell’evento, a me interessavano soltanto le nazionali partecipanti, i giocatori convocati e l’enorme speranza di vedere l’Italia trionfare in casa propria, così come annunciato dalla stampa di tutto il mondo.
Conoscevo tutte le figurine a memoria, i campioni più accreditati.
Nel cortile del mio piccolo paese, in quell’inizio estate, una torrida estate, non si parlava d’altro. Tutti noi piccole pesti a tifare Italia, a sperare nelle parate di Walter Zenga, nelle imprese di Giuseppe Bergomi e Franco Baresi in difesa, nelle invenzioni a centrocampo dell’astro nascente Roberto Baggio e nei goal di Gianluca Vialli e della novità assoluta Salvatore Schillaci.
Giorni ad attendere l’inizio del Mundial, con la frenesia di vedere all’opera l’avversario più accreditato con il personaggio forse più odiato.
I campioni in carica dell’Argentina del giocatore più forte del mondo: Diego Armando Maradona.

E allora alle ore 18:00 di quell’8 Giugno 1990 i cortili si zittirono d’un tratto e tutti i miei coetanei si sintonizzarono su Rai Uno per ascoltare dalla voce di Bruno Pizzul l’inizio di quelle ‘notti magiche’. Nella partita inaugurale a Milano, in un San Siro stracolmo e tirato a lucido, Dieguito e la sua Argentina contro la vittima sacrificale Camerun, africani di buona volontà sconosciuti a tutti e soltanto alla seconda partecipazione in un mondiale.
Mia madre cominciò a preparare la cena mentre in pantaloncini e canottiera io e mio padre cominciammo a seguire l’incontro. I minuti passavano e la partita fu molto più ostile di quello che ci aspettammo. L’Argentina faceva fatica eccome, il Camerun (ribattezzato al termine di quello spettacolare mondiale ‘I leoni d’ Africa’) era ben messo in campo e soprattutto presentavano un possesso palla e dei fraseggi non da poco. Quasi brasiliani, questi africani. L’anziano portiere N’Kono guidava la difesa impostata da Tataw, Makanaki e Kana Biyik giostrano il centrocampo e le punte Roger Milla e Francois Oman-Biyik  facevano da punto di riferimento per la squadra.
Fine primo tempo. 0-0. Risultato a sorpresa tra i commenti del mio esperto padre ‘Tanto prima o poi gli argentini un gol lo fanno’ e tra le proposte di mia madre ‘Pasta al ragù o risotto giallo?’.
Tra una forchettata e l’altra ecco il secondo tempo. I giornalisti in studio RAI, nei loro commenti, pronti a scommettere su un 2-0 secco dell’Argentina, che era solo questione di tempo insomma. L’allenatore Carlos Bilardo aggiunse alle punte già in formazione (l’esperto Burruchaga e il rampante Balbo) anche l’attaccante dell’Atalanta Claudio Paul Caniggia per dare maggiore spinta all’attacco. Dietro di loro, le giocate magiche di Maradona, fino a quel punto ingabbiato da Kundè e Makanaki. Singolare per un campione di quel rango avere difficoltà a superare due sconosciuti del genere.
Ma il tempo passava e la cena proseguiva. M’immaginavo i miei amici dietro lo schermo cosa stessero pensando. In effetti il risultato che ne stava scaturendo era davvero sorprendente. Uno zero a zero che sembrava reggere senza alcuna emozione.
Mio padre cominciò a sperare in un pareggio, comunque inaspettato.
Ero arrivato alla frutta, una banana, quando al minuto 61 Maradona fu colpito alle spalle da una brutta entrata di Kana Biyik, centrocampista di sostanza. Per l’arbitro francese Vautrot nulla da eccepire, secondo giallo e quindi cartellino rosso.
Le speranze della nazionale Africana pronte a chiudersi, in dieci contro undici sembrò davvero impossibile contenere gli argentini.
Sulla punizione susseguente al fallo, Maradona puntò l’incrocio dei pali. Come una gazzella N’Kono volò all’incrocio negando un gol spettacolare al campione del Napoli.
Nulla di fatto.
I miei genitori prepararono, per loro, il caffè.

Un contrasto sul lato sinistro della metà campo, il rude difensore argentino Fabbri scalciò Makanaki lanciato sulla fascia. Punizione per il Camerun.
Minuto 65. Dalla punizione lo stesso Makanaki mise un pallone altissimo ed innocuo in mezzo all’area argentina.
Nulla di pericoloso insomma.
Di colpo mio padre smise di sorseggiare il caffè.
Un uomo molto alto con la maglia numero 7 stampata sulla schiena stacco in un modo incredibile, quasi disumano e colpì la palla violentemente di testa sovrastando Ruggeri e Sensini. La sfera arrivò bassa, quasi rasoterra e molto veloce e passò sotto le braccia del portiere argentino Pumpido.
Argentina Zero Camerun Uno.


Francois Oman-Biyik, fu lui ad insaccare con un salto pazzesco quel cross innocuo di Makanaki. I camerunensi festeggiarono sotto la curva sud, quella solitamente occupata dal Milan e i tifosi italiani esplosero in un boato. Davide che batte Golia, una favola che prese realtà.
Fu naturale in casa nostra urlare nel momento in cui la palla varcò la riga di porta del Meazza. Mio padre subito considerò che l’Argentina avrebbe rimontato facile, ora la partita si era finalmente aperta. Venticinque minuti più recupero per Diego e compagni per mettere a posto un mondiale partito male.
Nei restanti minuti N’Kono parò di tutto, fino ad un minuto dal termine, l’ottantanovesimo.
Maradona inventò un pallone pazzesco per il velocissimo Caniggia, lanciato a rete solo davanti a N’Kono.
Il centrocampista Massing non ci pensò due volte, al limite dell’area di rigore raggiunse il biondo attaccante e lo falciò senza alcuna remora. Cartellino rosso diretto, nove contro undici.
Ma un gol evitato.
Sulla punizione Maradona calciò fuori e San Siro esplose in un boato.
Pochi istanti dopo Vautrot fischiò la fine dell’incontro. 

Il Camerun fece un’impresa, una delle più importanti rimaste nella storia del Mondiale.

Undici sconosciuti africani regalarono un sogno ad un’intera nazione e al mondo intera.
Maradona, in ginocchio, non rideva più.
Francois Oman-Biyik fu portato in trionfo. 184 centimetri per 80 kg, una potenza fisica straordinaria e due piedi decisamente non raffinati.
Dalla serie B Francese con il suo Lavallois al mondiale italiano.
Fu il momento migliore della sua vita, fu dichiarato eroe nazionale camerunense.
La sua carriera proseguì in sordina e fece addirittura apparizione nel campionato italiano, nel 1997 alla corte della Sampdoria.
Un triste epilogo con soltanto 6 presenze e nessun gol.

La sera di quell’8 giugno nel cortile del mio piccolo paese i palloni non battevano contro i garage. 
Eravamo tutti seduti, fianco alle nostre biciclette, a parlare di ciò che avevamo assistito. Nessuno lo poteva prevedere, le notti magiche erano appena iniziate.
Tutte le sere, per un mese intero, giocammo con il tabellone del mondiale aperto, facendo un nostro torneo. Vinse, ovviamente l’Italia, in finale contro il Brasile.
Soffrimmo tutti quando lo stesso Maradona eliminò con la sua Argentina l’Italia in semifinale, Caniggia non perdonò la coppia Zenga-Ferri.
Furono poi i tedeschi, in finale, a vendicarci.

Quel giorno è ancora ricordato negli almanacchi di calcio come una delle imprese più incredibili della storia dei mondiali, quel giorno lo ricordiamo perché semplicemente eravamo felici.
Ingenui e contenti di ritrovarci ogni pomeriggio, ogni sera con poche cose e tanti sogni.

La felicità la si può apprezzare soltanto a distanza di molti anni.

 (Lo spettacolare gol di Oman-Biyik al 65esimo minuto di Argentina-Camerun 0-1)


(L'intera partita di Milano dell' 08.06.1990 - Argentina-Camerun 0-1)


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