sabato 23 marzo 2013

Maldilavoro (Tutto Attaccato)




Ho avuto immediatamente la necessità ed il bisogno di diffondere questo emozionante e splendido lavoro di Renato Curcio e del suo competente ‘cantiere di lavoro’. Mi ha regalato questo libro un mio grande amico, collega, compagno e protagonista di questo favoloso spaccato di realtà. Mi sono immerso nelle parole di queste ‘storia di vita quotidiana’ (così il buon Francesco Guccini lo avrebbe definito) ed in due giorni l’ ho terminato, centotrentatre pagine di analisi, storie e racconti di donne e uomini assorbiti dal mondo del lavoro, dal consumismo e dal capitalismo in grado di rovinare vite, salute oppure semplicemente rapporti con il mondo esterno.
E’ così che dopo una breve introduzione riguardante l’aspetto retroattivo che ci ha portato a queste ignobili condizioni lavorative che ci si addentra nelle storie di call center, di fabbriche e supermercati nei quali vivono come invisibili ragazze e ragazzi ridotti a macchinati, a lobotomici apparecchi di produttività.
Si prendono in considerazione gli aspetti che la nostra società contemporanea, consumistica e capitalistica, ha creato e rinforzati soprattutto in questo ventunesimo secolo.La deumanizzazione dei lavoratori, il ricatto e la solitudine radicale sono i concetti che vi affascineranno di più e colpiranno le nostre anime perché, in fondo, tutto questo accade regolarmente anche a noi, dipendenti di persone che assumono solo ed esclusivamente il ruolo del padrone.
Ci si imbatte in Rachele, Luigino, Anita, tutti nomi di fantasia per permettere a Curcio di raccontare, invece, tutte le loro storie vere e per evitare di incorrere in qualche inutile rappresaglia personale.

Un libro adatto per reagire, per capire la nostra mente ed il nostro corpo, un libro che ci ricorda quanto è importante la nostra salute, la nostra capacità di dire ‘no’ davanti a soprusi e a richieste a dire poco assurde. Il lavoro inteso come schiavismo, in questo 2013. è ancora reale e ben delineato con l’accusa/scusa di ricatto, di perdere il lavoro, di smarrire il senso delle nostre giornate.
Un libro che ci riporta al sempre sottovalutato argomento delle morti bianche, testimonianze dirette di chi ha perso un pezzo di se stesso per ‘stare nei tempi’, per produrre.

Vi lascio con tre estratti da questo romanzo che non mi ha fatto dormire la notte, che mi ha ricordato tutte le volte che ho dovuto abbassarmi allo schifoso potere dei capi e alle loro stupide richieste puramente edonistiche e senza senso.

Il primo stralcio parla del lavoro definito 'Biocida' ossia quella forma di schiavismo che mette in competizione i lavoratori stessi con una tecnica di terrore messa in atto dall'Azienda. La competizione spinge il dipendente ad accettare qualsiasi condizione lavorativa purchè di non perdere il lavoro e ritrovarsi disoccupato. Ecco perchè si opera in situazioni al limite della follia: per salvaguardare il posto di lavoro. Ecco perchè i padroni possono ancora oggi permettersi questi atteggiamenti

Il secondo stralcio racconta degli infortuni sul lavoro, creati sì dal padrone e dalla loro continua ricerca della produttività, di ottimizzazione dei tempi. E a questo si aggiunge il ricatto, 'se denunci l'infortunio ti licenzio..'. La prevenzione non basta fino a quando non si rispetteranno i codici fondamentali dello statuto dei lavoratori del quale troppo spesso ci si dimentica.

Il terzo stralcio parla della rassegnazione, a volte non basta nemmeno la determinazione di un rifiuto per non subire comunque le ritorsioni di un proprietario, del nostro superiore. Un rifiuto dettato dalla dignità della salute, rovinata da molti lavoratori per pochi euro, guadagnati sotto una vera e propria forma di puro nuovo schiavismo.

Ascoltate il cuore, ogni tanto, e reagite. Niente vale più della nostra dignità.
Il lavoro debilita l’uomo e il tempo distruggerà ogni cosa.

'Vivere senza un lavoro, specie se si è in età avanzata ma ancora produttiva è peggio di una diagnosi di cancro: mentre questa ti conserva la dignità e gli affetti, la condizione di disoccupato, oltre a spingerti a rinunciare alla vita, ti fa perdere la dignità, gli affetti e gli amici.
Da malato ti sono tutti attorno, premurosi e generosi, da disoccupato tutti ti evitano, giudicandoti un incapace degno soltanto del minimo vitale'. (Pagina 34)

'Da 15 anni, ogni mese, continuo a sognare un tragico fatto realmente accaduto. Un compagno di lavoro perde tre dita sotto una trancia. La smorfia, le urla disumane...viene subito soccorso dal 118. Durante la fase di ripristino del macchinario ritrovo le tre dita, le avvolgo in un sacchetto di ghiaccio e le portiamo in Vespa al Pronto Soccorso. E poi le urla del padrone che ci minaccia di non raccontare l'episodio. Tutto questo continua ad accompagnarmi in molte notti degli ultimi 15 anni'. (Pagina 68)

'Come ogni stagione estiva, da qualche anno, lavoro nei grandi bar del litorale di Senigallia. Dodici o anche quattordici ore, tutti i giorni della settimana con delle punte di frequenza infernali. Un giorno ero proprio stanca, il bar era pieno e poichè ero ormai in una minima confidenza col proprietario del locale, di sfuggita ho detto 'Oggi c'è da morire!'. Allora lui si è fermato, mi ha squadrata e poi mi ha fatto cenno di seguirlo un momento nel suo retro privato. Su un tavolino c'erano delle strisce di cocaina. 'Dai fattene una' mi ha detto 'ti tira su e non senti più la fatica. Poi ce ne torniamo di là allegri e sorridenti come ai clienti piace vederci. Dai che ci divertiamo!'.
Ho detto di no e ho dovuto insistere perchè lui premeva e, ad ogni mio rifiuto, si faceva sempre più aggressivo. Ha insistito 'Guarda che quelli che fanno la stagione qui, se vogliono arrivare alla fine, lo fanno tutti! Ma se proprio non vuoi, fai il tuo lavoro e non rompere!' '. (Pagina 115)

Renato Curcio - MALDILAVORO - Socioanalisi narrativa della sofferenza nelle attuali condizioni di lavoro. Pagine 133 . Edizioni 'Sensibili Alle Foglie' - 2013 - Euro 16,00.

Sottolineo e ricordo che non ho alcun interesse personale di vario genere per sponsorizzare o lanciare libri, dischi e qualsiasi altra forma di arte. Le mie recensioni sono effettuate solo ed esclusivamente perchè un lavoro, una canzone o un quadro mi sono piaciuti e mi hanno creato emozioni.

mercoledì 20 marzo 2013

La Schizofrenia del Ventunesimo Secolo

Per questo nuovo 'post' avevo pronto una splendida recensione in merito ad un libro che mi è stato regalato una settimana fa. Ho deciso che ci sarà tempo, per chi avrà voglia di seguirmi, per diffondere una serie di splendidi e reali racconti di vita quotidiana, di emozioni, di lavoro.

Questa sera non ce l'ho fatta, troppe le emozioni altalenanti di questi giorni, troppe le distrazioni fisiche che il mio corpo mi trasmette in continuazione. E troppe anche le medicine, i farmaci; antibiotici e cortisonici che si mischiano intensamente per formare e deformare ogni singola immagine che attraversi la mente. Il cortisone mi sbiadisce la mattina, mi costringe a brancolare tra la luce pallida e d'un tratto accecante, mi sprona il pomeriggio e mi abbatte la sera. E' così che comincio a capire che cosa volevano esattamente comunicare i King Crimson, quel lontano 10 Ottobre del 1969 quando scrivevano '21st Century Schizoid Man', prima traccia di quel 'In The Court Of The Crimson King' giudicato il migliore album progressive della storia del rock. I Rolling Stones, gli The Who, Bob Dylan presero spunto da questo delirio di suoni, davvero trasportato in un fantascientifico ventunesimo secolo. E con un testo pazzesco, delirante. 
Fate partire il brano seguente e poi cominciate a leggere e a sbalordirvi.

Ecco la traduzione del testo:
'Zampa di gatto, artiglio d'acciaio
Neurochirurghi ne chiedono ancora
Alla porta avvelenata della paranoia
Lo schizoide del Ventunesimo Secolo'
Questo è l'inizio in un crescendo di chitarre e di tastiere che si fondono, entrando come una lama in fondo al cuore. Con quei 'Neurochirurghi che chiedono ancora questi pezzi di animali per creare uno schizoide al limite della paranoia'. La prima volta che avevo ascoltato queste parole avevo circa sedici anni, il rock cominciava a sgorgare nelle vene di un ragazzo troppo intento a giocare a pallacanestro per capirne fino in fondo il senso. Soltanto l'esperienza, la sofferenza, come siamo cresciuti ci può fare capire come ci si può sentire quando si sa di avere sbagliato qualcosa, quando la decisione l'abbiamo presa soltanto noi e nessun altro. Errore madornale, errore irreparabile. Schizofrenia totale. Così ci si sente, così si passano le serate e le notti, con questo giro di chitarra nella testa. Poi segue un muro di suono, violento, deprimente e allo stesso tempo eccitante e parte la seconda parte, il cuore del pezzo:
'Sangue, tortura, filo spinato
l'urna funeraria dei politici,
Innocenti violentati dal fuoco del napalm
Lo schizoide del Ventunesimo Secolo'

Il delirio si compie definitivamente con un'immagine ben delineata: il rosso del sangue che si mischia alle torture, il filo spinato che perfora la pelle, i politici che violentano i Vietnamiti, famiglie innocenti devastate e distrutte definitivamente dal Napalm, questo è lo schizoide del ventunesimo secolo. 
San Francisco, California, Stati Uniti d'America - da lì partirà l'intera protesta che sfocerà poi in Woodstock, da lì partirà il grido di dolore dei Viet Cong e dei cittadini del Vietnam uccisi da una guerra inutile e dalla pioggia acida. Questo è lo schizofrenico da combattere, questo è quello che sentiamo DENTRO, quando ci giriamo senza addormentarci e pensiamo che tutto è sbagliato e che tutto ABBIAMO sbagliato. 

'Seme della morte, avidità del cieco
poeti muoiono di fame, bambini sanguinano
non c'è niente che possieda di cui abbia davvero bisogno
Lo schizoide del Ventunesimo Secolo'

Il giusto finale, 'non c'è niente che possieda di cui abbia davvero bisogno', lo dicevano e lo scrivevano nel 1969 quanto Bill Gates non esisteva ancora, quando a malapena avevamo a casa il telefono fisso. Fa quasi sorridere paragonata ai giorni nostri. Sempre di corsa, movimenti irrefrenabili che si rivalgono sulle nostre menti ogni volta che proviamo a 'non pensare a niente', contiamo e ricontiamo i disegni delle nostre lenzuola sperando che tutto possa scomparire.
Visioni schizofreniche deturpate lievemente da vampate di caldo, da energie che riflettono i rumori del nostro interno. La nostra anima che parla e pensa quello che vorrebbe dire a tutto, a tutti senza sentirsi più in colpa. Libera. Eternamente leggera.
Prima o poi ci arriverò, tutto terminerà lentamente e soprattutto io non avrò più paura. Non soffrirò più per queste stupide paranoie, il sonno mi avvolgerà e con un bacio sospirato mi regalerà quel riff perfetto, quello splendido sole che potrò osservare senza gli occhiali scuri per nascondere le ombre, i problemi, la vita.
Riuscirò a ringraziare qualsiasi persona mi abbia dato un'emozione e sorriderò, sorriderò perchè sarò io, l'uomo schizofrenico del ventunesimo secolo, sarò talmente inebriato di sostanze che raggiungerò tutti vostri dolori e vi sentirete alleviati, sereni. Tranquilli.
Perchè tanto, poi, il tempo distruggerà ogni cosa.

venerdì 15 marzo 2013

La Riscoperta del Corpo

Mi sono imbattuto in un romanzo per niente scontato, di un autore oramai da più di un ventennio alla ribalta del successo. Forse è anche per questo motivo che l'ho sempre snobbato; in effetti uno dei miei difetti è proprio la presunzione di non leggere, di non ascoltare, di non vedere tutto ciò che la maggioranza delle persone ha letto, ascoltato e visto.

Sto parlando di Daniel Pennacchioni, nato il 01.12.1944 a Casablanca, laureato in lettere all'Università di Nizza e poi professore in un liceo classico di Parigi. Lo conosciamo tutti con lo pseudonimo di Daniel Pennac, uno dei romanzieri più famosi (e venduti) dal 1991 ad oggi.
Passeggiavo nella mia mesta pausa pranzo quando in una libreria mi ha colpito questa copertina arancione con un disegno alquanto pessimo di un uomo nudo, coperto soltanto da un libro. In alto il nome dell'autore ed il titolo: STORIA DI UN CORPO.



Incuriosito, non ho esitato ad andare alla terza di copertina per leggere la trama.
18,00 Euro non sono pochi, di questi tempi, ma faccio uno sforzo e me lo porto a casa.
Sostanzialmente si tratta di una storia vera. Un uomo ha tenuto un diario da quando era piccolo fino alla sua morte, un diario della sua vita. La stranezza? Non vi sono riportati gli eventi più importanti o le emozioni delle sue giornate nè tanto meno gli amori vissuti. Sono riportate solo ed esclusivamente le reazioni del suo corpo in qualsiasi situazione.
E così tra acufeni scoppiati improvvisamente, polipi aggrovigliati nelle narici, ansie, paure, irrigidimenti muscolari, orchiti, epistassi e perdite di memoria ne esce un racconto spettacolare, particolare ed alquanto inquietante. 
E' semplicemente la storia di una vita. La vita del nostro corpo, un corpo che si modifica, che si ribella, che cresce per poi invecchiare e di nuovo fermarsi. Un corpo che si fa ascoltare e deve essere ascoltato. In alcuni passaggi vengono annotate vere e proprio fasi-verità, dei piccoli pensieri che, letti in questo mio piccolo post, possono sembrare ovvietà ma che sono assolute verità. 
'La prudenza è l'intelligenza del coraggio' dice l'uomo dopo avere spiegato perchè a trent'anni ha ancora paura di molte cose il corpo agisce di conseguenza. 
'L'unica passione della mia vita è stata la paura' mentre si ritrova ricoverato nell'ospedale della capitale Francese per continue epistassi.

Mi sono ritrovato molto in questo romanzo, mi ha ricordato la mia infanzia, le mie paure e i contini sensi di colpa per non avere ascoltato sempre le indicazioni dei miei genitori.
Sono sempre stato troppo attento ad ogni situazione e poche volte mi sono lasciato andare all'entusiasmo pur essendomi sempre divertito con gli amici del quartiere.
Mi manca quel periodo, lo ammetto. Quei momenti nei quali una botta, un colpo alle ossa non procurava alcuna conseguenza e non si pensava ai rimedi o ai dolori.
Poi la paura che aumenta mentre si cresce e di conseguenza aumentano le responsabilità.
Ogni movimento e gesto dosato per evitare fratture, per evitare attimi dolorosi.
Questo racconto del buon Pennac ci fa capire che quello che noi proviamo fa parte della 'normalità' , quando stiamo male non ci sta accadendo nulla di strano. E' solo il corpo che parla, che si fa sentire e che ci racconta come sta. 
La difficoltà è fare capire alla mente di fermarsi, di rendere tutto meno complicato e più rilassante. Di fermarsi un attimo, insomma. E' proprio questo il messaggio finale, avere vissuto una buona vita, reagendo in maniera positiva alle avversità.

Consiglio a tutti questo bel romanzo, aiuta a ragionare, a cercare di capire come siamo fatti, DENTRO, tra nervo, fasci muscolari e dolori lancinanti. Tutto questo vivendo molti periodi storici del secolo scorso.
Bellissimo ciò che il protagonista scrive durante il famoso Maggio 1968, anno degli scontri tra studenti, universitari e polizia: 'La piazza sta forse scrivendo il diario del corpo?'.

Leggere queste parole mi hanno ricordato uno splendido brano di Frank Zappa e i suoi Mothers Of Invention dal titolo 'What is the ugliest part of your body'?' pubblicato nello spettacolare album 'W're only in it for the money' (Siamo qui solo per i soldi) pubblicato proprio in quel lontano 1968.
Un album spettacolare di uno degli artisti più importante ed innovativo della storia del rock.

E allora mentre cercate di capire quale sia la parte più brutta del vostro corpo, godetevi questo minuto e quattro secondi di puro delirio.

Nel frattempo vado a soffiarmi il naso e farmi di fluimucil, vi saluto e vi aspetto nel mio prossimo post ricordandovi che il tempo distruggerà ogni cosa.





mercoledì 6 marzo 2013

L'amore nei sotterranei blues malati.

Il 12 febbraio scorso durante la prima serata del sempre caratteristico ed inflazionato Festival di Sanremo abbiamo assistito allo spettacolo di Stefano e Federico, una coppia di omosessuali costretti ad emigrare a New York per sposarsi.
Per rivendicare il diritto al matrimonio tra coppie dello stesso sesso nel nostro arretrato e becero paesello, i due hanno deciso di rimanere in silenzio ed esprimersi attraverso dei cartelli. Sicuramente un momento emozionante, non è sempre facile mettere in mostra i propri sentimenti ed il proprio amore a maggior ragione quando si è a conoscenza che milioni di eurospettatori sono pronti a spararti addosso. Per chi se lo avesse perso, ecco un video riassuntivo (l'originale non si trova in youtube per via dei diritti tv, ma questo è un altro discorso) dei due ragazzi innamorati:
Nelle giornate successive abbiamo assistito alla solita, ovvia pantomima delle varie istituzioni e rappresentanti politiche, la Chiesa in prima fila. Dell'amore di Stefano e Federico, del loro diritto di amarsi, sposarsi e vivere insieme non è rimasta la minima traccia.
E' rimasto soltanto un pessimo video di quei fascisti di Fratelli D'Italia in piena campagna elettorale ma, di questo, non voglio nemmeno parlare.

Il 22 marzo 1967 Bob Dylan pubblicava il suo quinto album dal titolo 'Bringing It All Back Home', un album nuovo, frizzante ed estremamente blues. 



Il disco si apriva con un concentrato di blues pazzesco; due minuti e ventuno secondi di assoluta frenesia, questo era 'Subterranean Homesick Blues'. Il brano fu accompagnato da un video passato alla storia come la prima vera forma di comunicazione politica nel mondo della musica e soprattutto nelle canzoni di protesta. Bob Dylan, completamente in silenzio, in un contesto molto tetro, regge nelle sue braccia un plico di fogli con scritte a pennarello delle parole, quelle più importanti del suo blues.
Il blues nostalgico dei sotterranei, la disperazione di un uomo che denuncia le cattiverie dell'umanità, cane che mangia cane. L'amore dimenticato nei bassifondi, l'amore completamente asciugato dalle altre nefandezze e facezie. L'amore ed i rapporti sociali invasi dal capitalismo e dal consumismo e dalla rivoluzione industriale applicata, come la fabbrica alle spalle di Bob Dylan.

E allora godetevelo tutto, questo concentrato di rabbia, innovazione e nostalgia e pensaci su, concittadini, sono passati quarantasei lunghi anni tra il disco di Dylan e Stefano e Federico in Sanremo. 
Denunciano le stesse cose: l'impossibilità di amarsi in un paese libero.

Buona visione e ricordate: il tempo distrugge ogni cosa.


martedì 5 marzo 2013

Il calcio ai tempi della Resistenza

In realtà non ho la più pallida idea di come si possa tenere un 'blog' e nè tanto meno potrò mai essere considerato un 'blogger' come mi definisce questo piccolo spazio dell'etere gentilmente concesso da un colosso (o meglio IL COLOSSO) della comunicazione Google.

Quello che invece so è che mi sono svegliato con un forte dolore all'occhio sinistro, precisamente sotto la palpebra inferiore e che la deriva si è completata cominciando a leggere i primi quotidiani della giornata. 
Per cui dopo avere appreso che i fantasmagorici nuovi ragazzi del Movimento a 5 stelle hanno dichiarato di 'non essere dei burattini' provocando nel me stesso mefistofelico un'ilarità mista ad una definitiva rassegnazione e che non sono pronti ad un nuovo governo tecnico, ho deciso di concentrarmi su quello che poi mi interessa davvero: raccontare storie.

Che siano cose inventate, realmente accadute o semplicemente vergognose non mi interessa, l'importante è suscitare emozioni. Mi avete insegnato voi, razza di pupazzetti sdraiati davanti ad un televisore che ciò che conta è l'apparenza, n'è vero?


Il cinque marzo millenovecentonovantacinque morì alla veneranda età di ottantasette anni Michele Moretti, partigiano, sindacalista e, udite udite CALCIATORE.

Per quale motivo ho deciso di scrivere di questo personaggio, sconosciuto ai più?

Semplice: sembra che sia stato proprio lui l'esecutore materiale della fucilazione in Piazza Loreto di Benito Mussolini. Ora più che mai lo trovo un assoluto simbolo della resistenza, una persona fedele ai propri ideali e soprattutto parlare di lui significa NON DIMENTICARE dato che lo stesso giorno, nel fatale 2013 su altri blog si inneggia di nuovo al fascismo e al razzismo.


Egli fu commissario politico della 52^ Brigata Garibaldi 'Luigi Clerici' operante sul monte Berlinghera nell'Alto lago di Como, il cui comandante era Pier Luigi Bellini delle Stelle 'Pedro'.
Nel 1945 ebbe un ruolo determinante nell'arresto, nella detenzione e nell'esecuzione di Benito Mussolini e della sua amante Carla Petacci.

Ora provate ad immaginare un cittadino oggi, pronto a morire per la sua Italia, esordire a  costo zero nella nostra cara Serie BWin (così come definita oggi dallo sponsor di un noto portale di scommesse on-line). Non vi sembra assurdo?
E sì che siamo nella stessa nazione, nello stesso florido Nord-Italia. In quella Como così verde, così Svizzera.

Chissà magari anche allora scommettevano, si andava al bar a chiedere un pò di tabacco e contemporaneamente si giocava como-Germania esplosione mina squadra ospite SI' oppure BOMBE OVER 2,5.

Alla prossima e ricordate sempre che il tempo distrugge ogni cosa.

Evidentemente è riuscito a distruggere anche la resistenza e la libertà che immensi uomini ci hanno donato.